La quarta richiesta del Padre Nostro parla dell’Eucaristia?

Padre Nostro è indubbiamente la preghiera cristiana più conosciuta. Unisce tutte le confessioni e denominazioni. La recitano cattolici, protestanti, ortodossi e perfino i membri delle nuove, cosiddette libere Chiese. Viene riportata nei vangeli in due versioni: quella di Matteo (Mt 6, 9-13) e quella di Luca (Lc 11, 2-4). Non tutti però si rendono conto del fatto che è anche una preghiera (squisitamente?) tipicamente ebraica. Nel primo secolo, quando non si era ancora consumata la separazione definitiva fra Chiesa e Sinagoga, i giudeocristiani potevano recitarla tranquillamente nelle sinagoghe perché non era in contraddizione con la teologia giudaica.

Pane quotidiano, quindi quale?

Nella presente riflessione soffermiamoci sulla quarta, e quindi centrale, richiesta contenuta nel Padre Nostro. È la richiesta del pane che Matteo esprime con le parole: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11). Luca al posto di “oggi” mette “ogni giorno”: “Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano” (Lc 11, 3). Crediamo che Gesù stesse esortando a pregare per ottenere il nutrimento giornaliero e avesse in mente solo questo? Può darsi invece che il termine “pane” nella preghiera insegnata da Gesù debba essere inteso in un altro modo? Ma se così fosse, in quale? E infine, cosa significa quell’enigmatico, a prima vista, termine epiousios tradotto di solito come “quotidiano” o “di ogni giorno”. Cercheremo di rispondere a queste, così articolate, domande Ci accompagnerà nella nostra ricerca San Girolamo (ca 345-420), il patrono dei biblisti e traduttore della Sacra Scrittura nella lingua latina.

Una traduzione problematica

I biblisti, traducendo il complesso termine “quotidiano” o “di ogni giorno”, seguono la linea, tracciata dalla traduzione liturgica di san Girolamo, della frase contenuta nel vangelo di Luca Panem nostrum quotidianum da nobis hodie. C’è un triplice problema con questa traduzione. In primo luogo, la parola greca che significa quotidiano o giornaliero è efēmeron. Eppure, l’evangelista non l’aveva scelta. In secondo luogo, se si trattasse solo del pane quotidiano, tale richiesta sarebbe in contrasto con l’insegnamento di Gesù riferito all’immediato contesto della Preghiera del Signore: per la vostra vita non affannatevi per quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? (Mt 6,25; Lc 12, 22). In terzo luogo, l’aggettivo “quotidiano” o “odierno” sembra superfluo dal momento che nella stessa domanda usiamo la parola “oggi” o “ogni giorno”. Come mai per ben due volte si parla del giorno di oggi? Si tratta semplicemente di metterlo in rilievo. Se così fosse, quale ne sarebbe il significato?

Proviamo a rispondere a quest’ultima domanda prendendo in considerazione un altro frammento che parla del pane, in cui abbiamo a che fare con uno sdoppiamento dello stesso termine. Si tratta dell’annuncio veterotestamentario riguardante la raccolta giornaliera della manna. Dio annunciò agli Israeliti, in cammino verso Canaan: Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno (Es 16, 4). A livello stilistico la frase ogni giorno la razione di un giorno contiene una ripetizione che è del tutto superflua. E a livello teologico? Sappiamo già che la manna era un nutrimento sia naturale che soprannaturale. Non si tratta quindi di una semplice ripetizione, ma di sottolineare la duplice natura di questo cibo.

Un’altra proposta di spiegazione parla del “pane necessario/indispensabile per la vita”. Si fonda sull’etimologia della parola epiousios, nella quale il prefisso epi viene tradotto come “per” e la radice ousia come “esistenza” /”vita”. Una richiesta simile si trova nel Libro dei Proverbi: Tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza; ma fammi avere il cibo necessario. (Prov  30, 8). Ma anche in essa troviamo almeno tre punti deboli: in primo luogo, ancor più delle precedenti, mette in discussione l’insegnamento di Gesù di non preoccuparsi del cibo quotidiano; in secondo luogo, non si inserisce bene nel contesto delle altre richieste che, come abbiamo mostrato, fanno sempre riferimento a un contesto escatologico (senza escludere quello temporale); in terzo luogo infine, allontanandosi dal contesto, intacca la struttura concettuale omogenea del Padre Nostro.

Il pane soprannaturale?

Un’ulteriore proposta su come interpretare l’aggettivo epiousios parla del pane soprannaturale. Il prefisso epi viene tradotto come “sopra” e la radice ousia come “natura”, “sostanza”. Tale termine fu scelto da Girolamo per la versione di Matteo della Preghiera del Signore: Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie. Se intendiamo il termine di cui stiamo discutendo come “soprannaturale”, troviamo una spiegazione soddisfacente della ripetizione del motivo del “giorno di oggi”. L’intera richiesta del Padre Nostro potrebbe essere tradotta: „Dacci oggi il nostro pane soprannaturale”. In questo modo, il termine „oggi” indica il cibo naturale e il termine „soprannaturale” il cibo dal cielo.

Il pane di un giorno futuro?

La terza proposta di Girolamo parla del pane di un „giorno futuro”. Secondo essa, il termine epiousios deriva dalla frase greca che significa „ciò che deve avvenire”, mentre il sostantivo „giorno” rimane implicito. Nel suo commento al Vangelo di Matteo, l’autore della Vulgata scrive: „Nel Vangelo, che viene chiamato Vangelo degli Ebrei, ho trovato, al posto del pane 'sovrasostanziale’, la parola maar, che significa 'del domani’. Quindi il senso è il seguente: „Dacci oggi il nostro pane di domani, o di futuro” [17] Nel vangelo ebraico secondo Matteo, così si legge: «Dacci oggi il nostro pane di domani» e cioè dacci oggi quel pane che ci darai nel tuo regno (GEROLAMO, Tract, in Ps., 135). (Commentarium in Matthaeum 6,11). Il Vangelo degli Ebrei appartiene agli scritti giudeo-cristiani. È un’opera che è stata scritta in ambiente semitico e quindi in aramaico o in ebraico; quindi, sembra più vicina alla mentalità di Gesù.

Se il ragionamento di cui sopra è corretto e se nella Parola del Signore epiousios deve essere tradotto con „domani” o „il giorno dopo”, nell’approfondire questa interpretazione ci viene in aiuto Tertulliano. Fu lui ad avere un’eccellente intuizione, riconoscendo la somiglianza terminologica tra la manna dell’Antico Testamento e il pane per il quale Gesù ci dice di pregare.  Nella sua opera Contro Marcione, Tertulliano si rifà al libro dell’Esodo: „Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che raccoglieranno ogni altro giorno”. (Es. 16:4-5; Ap. 4:26) e annota la terminologia correlata tra questi versetti e la quarta richiesta del Padre Nostro. I termini ricorrenti sono „pane”, „dare”, „giorno”, „quotidiano”  (quotidiano/ di ogni giorno). Un’altra somiglianza riguarda l’origine della manna e del pane: durante le peregrinazioni nel deserto, fu Dio a dispensare la manna; i discepoli di Gesù devono quindi chiedere il pane a Dio. Accostiamo ora questi dati all’argomentazione più lunga della già citata Apocalisse siriaca di Baruc:

E accadrà: dopo che si sarà compiuto quel che accadrà in quelle parti, allora inizierà ad essere rivelato l’Unto, (…) E coloro che avevano avuto fame saranno deliziati e, ancora, vedranno meraviglie ogni giorno. (…) E accadrà in quel tempo: scenderà nuovamente dall’alto il deposito della manna e in quegli anni ne mangeranno, perché loro sono quelli che sono giunti al compimento del tempo (Apoc. Bar. Syr. 29, 3-8)

In questo testo apocrifo, la venuta del Messia e l’avvento del suo regno non è solo legata al dono della nuova manna, ma anche alla sua natura „quotidiana”. Come gli Israeliti nel deserto venivano nutriti ogni giorno con una nuova porzione di manna, così nell’era messianica questo miracolo si ripeterà quotidianamente. Sembra quindi che Gesù, nella quarta petizione del Padre Nostro, stia evocando il dono della manna dell’Antico Testamento, indicando allo stesso tempo la sua nuova manifestazione in ogni giorno.

Conclusione

Come si può desumere da quanto detto, ognuna delle tre proposte di traduzione è legittima e possiamo vedere in tutte e tre un riferimento all’Eucaristia. La prima parla del pane quotidiano o di tutti i giorni, ma la ripetizione di questo motivo nella stessa richiesta ci porta ad interpretare il simbolo del pane su due livelli: quello naturale e quello soprannaturale. Il pane soprannaturale è esplicitamente menzionato nella seconda proposta. La terza, infine, indica il pane del giorno che verrà, e quindi il nutrimento dei tempi finali. L’Eucaristia, pur avendo le sembianze del pane comune, è in fondo un cibo soprannaturale, un nutrimento sulla via verso la vita eterna, un cibo dell’età futura. Mentre pronunciamo le parole della quarta richiesta del Padre Nostro, possiamo legittimamente pensare non solo ai nostri bisogni temporali, ma anche all’Eucaristia.

trad. Anna Marx Vannini

„La quarta richiesta del Padre Nostro parla dell’Eucaristia?”, Rinnovamento nello Spirito Santo 1 (2024) 14-15.