Giovanni evangelista sull’istituzione dell’Eucaristia

Il discorso eucaristico di Gesù a Cafarnao

Giovanni è stato l’unico evangelista a non includere una descrizione dell’istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena. Egli presumeva che i suoi lettori conoscessero altri Vangeli. Ma questo significherebbe che nel Quarto Vangelo non si parla del sacramento istituito da Gesù? Certo che no! Giovanni riferisce un lungo discorso di Gesù, che noi chiamiamo discorso eucaristico, pronunciato nella sinagoga di Cafarnao. Ed è in esso che Egli invita i suoi seguaci a nutrirsi del suo Corpo e del suo Sangue. Esaminiamo un passaggio di questo discorso:

Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: „Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Gesù disse: „In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. (Gv 6,48-59).

Un equivoco metodologico

Nel suo Vangelo, Giovanni usa spesso un espediente letterario che i biblisti chiamano fraintendimento metodologico. Consiste nel fatto che la narrazione ritrae un Gesù che non viene compreso dai suoi interlocutori. Questa mancanza di comprensione crea tensione, che Gesù allevia chiarendo il malinteso. Questo è ciò che accadde a Cana di Galilea. Gesù non sembra capire Maria e le chiede: Che ho da fare con te, o donna? (Gv 2, 4). Così si svolgeva il colloquio con Nicodemo che, perplesso, chiede a Gesù: Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere? (Gv 3, 4). Nemmeno la Samaritana capisce Gesù quando sente le parole sull’acqua viva. Sta ancora pensando alla normale acqua di pozzo: dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua (Gv 4,15). Ogni volta, che Gesù chiarisce il malinteso, la tensione scompare. Ogni volta, tranne in un caso: l’insegnamento sul pane della vita. Quando si tratta di mangiare il suo Corpo e il suo Sangue, Gesù non spiega la metafora, semplicemente perché non è una metafora. Si tratta di nutrirsi veramente del Suo Corpo e del Suo Sangue.

È logico che se Gesù non avesse voluto parlare realmente del suo Corpo e del suo Sangue, avrebbe fermato coloro che si sono allontanati. Avrebbe spiegato loro il malinteso, come nel caso di Nicodemo o della Samaritana. Gesù, però, non solo non trattenne i Giudei, che rimasero scandalizzati pur avendo compreso perfettamente le sue parole, ma nel corso del suo discorso sottolineò per ben cinque volte che il suo Corpo era il vero cibo e il suo Sangue la vera bevanda, che donavano la vita eterna.

Pane dal cielo

Si noti che Gesù non si identifica con alcun tipo pane. Si riferisce al pane dal cielo dell’Antico Testamento, o manna (Gv 6, 50). Il passo del discorso di Gesù a Cafarnao sopra citato, definito dagli esegeti „sezione eucaristica”, inizia con un riferimento alla manna che i padri mangiarono nel deserto (Gv 6, 49) e termina con lo stesso riferimento (Gv 5, 58). Ciò significa che il dono della manna è la chiave per comprendere l’intero passo. Gesù sottolinea, come gli autori dell’Antico Testamento, che questo dono viene dal cielo. Si tratta quindi di un cibo soprannaturale, così, allo stesso modo, la preannunciata Eucaristia sarà un dono soprannaturale.

Quando gli Israeliti, nel loro viaggio attraverso il deserto verso la Terra Promessa , una volta usciti dall’Egitto, cominciarono a sentire la mancanza di cibo, Dio inviò loro in dono la manna. La manna fu uno di quei doni spettacolari che gli Israeliti ricevettero da Dio durante il loro viaggio verso Canaan. Presentava le proprietà sia del cibo temporale (bianco come il seme di coriandolo, sapore di una focaccia con miele; Es 16,31) sia quelle che indicavano la sua origine soprannaturale: la manna cadeva dal cielo come la pioggia (Es 16,4) o la rugiada (Lev 11,9). Entrambi questi fenomeni atmosferici erano visti dagli Israeliti come direttamente inviati da Dio. Indipendentemente dalla quantità di manna raccolta, essa era sufficiente per gli abitanti della tenda. Ogni giorno, la manna si scioglieva e spariva sotto i raggi del sole, ma  il sabato, quella  del giorno precedente si manteneva solida. Proprietà simili sono proprie dal pane eucaristico: da un lato, è il frutto della terra e del lavoro dell’uomo; dall’altro, è il cibo del cielo.

A Cafarnao, Gesù non solo fa un’allusione al dono della manna dell’Antico Testamento, ma lo contrappone al pane che Egli stesso darà ai suoi seguaci. Questo contrasto è evidenziato dal diverso destino di coloro che hanno mangiato la manna dell’Antico Testamento e di coloro che si nutriranno del pane offerto da Gesù. I primi sono morti (Gv 6,49); i secondi vivranno per sempre (Gv 6,58). Gli Israeliti nel deserto morirono fisicamente – coloro che si nutrono del dono di Gesù vivranno spiritualmente e fisicamente per sempre, perché risorgeranno dai morti. In altre parole, nonostante la natura soprannaturale di entrambi gli alimenti, il pane che Gesù darà è molto più della manna data da Mosè.

Il comandamento abolito

Infine, Gesù identifica il pane che offre ai suoi seguaci con il proprio corpo, per il quale usa il termine „carne” (Gr. sarks; Gv 6,53) che si deve non tanto ‘mangiare’ quanto ‘mordere’, ‘masticare’ (gr. trōgō; Gv 6,5 4.56.57.58). Questo linguaggio naturalistico sembra indicare il desiderio di Gesù di sottolineare che nel pane che offre ai suoi seguaci ci sia la sua presenza reale. Lo compresero perfettamente i primi uditori di Gesù. Hanno recepito il suo annuncio secondo la sua intenzione – alla lettera, non simbolicamente. In una traduzione letterale, Gesù disse: „Se non mordete la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita”. Questa affermazione è in netto contrasto con quanto era scritto nella Legge: Tutto ciò che si muove e vive è per voi cibo […]. Solo la carne con il sangue della vita non deve essere mangiata da voi (Genesi 9:3-4). È a causa di questa contraddizione che i Giudei iniziarono ad andarsene. Gesù si oppose a una delle prescrizioni della Legge.

Paradossalmente, Gesù ordina di bere il sangue del Figlio dell’uomo per lo stesso motivo per cui l’Antico Testamento proibisce di berlo. Nel Levitico leggiamo: Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho concesso di porlo sull’altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia, in quanto è la vita. (Lv 17, 11). Proprio perché la vita della carne è nel sangue e il sangue espia, in quanto è la vita, per possedere la vita eterna e ricevere la risurrezione è necessario mangiare la carne e il sangue del Figlio dell’uomo, perché questa carne sarà data per la vita del mondo (Gv 6,51).

Il discorso eucaristico e l’Ultima Cena

L’essenza stessa dell’insegnamento di Gesù nella sinagoga di Cafarnao è perfettamente coerente con le parole e le azioni compiute da Gesù nell’Ultima Cena. A Cafarnao, Gesù parla di mangiare il Suo Corpo. Nell’Ultima Cena, spiega ai discepoli che il pane che dà loro è il Suo Corpo. A Cafarnao, Gesù parla di bere il Suo Sangue e lo identifica come la vera bevanda. Nell’Ultima Cena, identifica il vino con il Suo Sangue e lo dà da bere ai discepoli. A Cafarnao, Gesù assicura ai suoi ascoltatori che mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue assicura la vita eterna e la resurrezione fisica. Nell’Ultima Cena, Egli dichiara che il suo Corpo e il suo Sangue sono un sacrificio offerto per gli altri, ed è un sacrificio di redenzione. Anche il contesto religioso dei due eventi è simile. L’Ultima Cena è celebrata in concomitanza con la Pasqua, mentre il discorso eucaristico è stato pronunciato quando era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei (Gv 6,4). Non c’è dubbio, quindi, che a Cafarnao e nel Cenacolo Gesù parli dello stesso cibo. Possiamo quindi concludere che nel discorso nella sinagoga di Cafarnao viene direttamente preannunciata l’Eucaristia istituita nell’Ultima Cena.

                                                                                                trad. Anna Marx Vannini

„Giovanni evangelista sull’istituzione dell’Eucaristia”, Rinnovamento nello Spirito Santo 7-8 (2023) 14-15.

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