Gli Israeliti del tempo di Gesù, come anche le generazioni precedenti, aspettavano una nuova Terra Promessa. Essi credevano che, al momento dell’atteso nuovo esodo, Dio avrebbe condotto Israele e i popoli pagani in una nuova Terra Promessa, che avrebbero posseduto per sempre: Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in possesso la terra, germogli delle piantagioni del Signore, lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria. (Is 60, 21).
Si può affermare che i profeti del periodo dell’esilio, quando annunciavano il ritorno dalla cattività babilonese, non si limitavano a preannunciare gli eventi storici successivi all’editto di Ciro, ma tracciavano la visione di un regno messianico escatologico, la visione dei nuovi cieli e terra nuova con, al centro, la nuova Gerusalemme. L’avvento del regno messianico veniva associato all’idea di un banchetto escatologico. Ne troviamo le prefigurazioni nelle pagine sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. In effetti, il banchetto messianico viene consumato da un lato nel regno nella sua dimensione temporale e, dall’altro, si orienta verso l’avvento del regno di Dio definitivo, escatologico. È possibile intravedere in esso una prefigurazione dell’Eucaristia?
Il banchetto messianico
Molti passi dell’Antico Testamento richiamano l’immagine di una festa gioiosa con la quale si celebra la vittoria e la salvezza, tuttavia – vista in termini escatologici – una tra le più note prefigurazioni della festa messianica è quella riportata dal profeta Isaia. Il contesto immediato di questo annuncio è la parte riguardante l’avvento del giorno del Signore (Is 24-27):
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: „Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza. Poiché la mano del Signore si poserà su questo monte (Is 25, 6-10a).
Va notato che questo brano non descrive un semplice pranzo conviviale, ma un banchetto di natura escatologica. Lo evidenzia non solo il contesto, ma anche l’annuncio della distruzione definitiva della morte e l’asciugare ogni volto dalle lacrime. La natura escatologica della festa è evidenziata anche dall’annuncio del perdono dei peccati contenuto nella promessa che Dio farà scomparire la condizione disonorevole del suo popolo al quale concederà la salvezza (Is 25, 8-9). Inoltre, la festa sarà di natura cultuale, come dimostrano frasi come grasse vivande e vini eccellenti (Is 25, 6). Una terminologia di questo tipo appartiene al linguaggio cultuale del tempio (Dt 32, 37-38; Lv 3, 3; 4, 8-9). Il carattere cultuale è sottolineato anche dalla segnalazione del luogo del banchetto, che sarà questo monte; il contesto immediato chiarisce che si intende il Monte Sion di Gerusalemme.
Alla festa parteciperanno non solo le riunite tribù disperse di Israele, ma anche le nazioni gentili. Tutti i popoli saranno riuniti, perché sarà strappato il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti.
Una festa anche per i Gentili
Gli studiosi sostengono che la descrizione di Isaia della festa escatologica allude e addirittura prende in prestito la struttura dal racconto della festa ‘celeste’ di Mosè e degli anziani di Israele ai piedi del Monte Sinai. Infatti, come una volta Dio si rivelò agli anziani di Israele nella pienezza della sua gloria, conclusa l’alleanza del Sinai, così nei tempi finali si rivelerà ancora per ratificare una nuova alleanza per l’eternità. La festa ai piedi del Monte Sinai era una festa cultuale, perché celebrata dopo i sacrifici che suggellavano l’alleanza con Dio. Aveva un carattere celeste, poiché Mosè e gli anziani videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero (Es 24,11). Se Isaia si riferisce realmente alla festa ai piedi del Monte Sinai, significa che sta descrivendo la festa escatologica di Dio con il suo popolo, che include anche le nazioni pagane.
La visione di Isaia e Zaccaria
Oltre al locus classicus del brano in esame, per quanto riguarda la festa messianica escatologica, vanno citati altri due testi profetici che alludono ad essa. Il Deutero-Isaia scrisse:
O voi tutti assetati venite all’acqua,
chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate senza denaro
e, senza spesa, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro patrimonio per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti.
Porgete l’orecchio e venite a me,
ascoltate e voi vivrete. (Is 55, 1-3).
Il secondo brano è la visione del profeta Zaccaria:
Quanto a te, per il sangue dell’alleanza con te,
estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua
Ritornate alla cittadella, prigionieri della speranza!
Ve l’annunzio fino da oggi:
vi ripagherò due volte.(…)
Quali beni, quale bellezza!
Il grano darà vigore ai giovani
e il vino nuovo alle fanciulle. (Za 9, 11-12.17).
Entrambe queste prefigurazioni coniugano l’immagine del futuro banchetto dei salvati con il motivo del rinnovo dell’alleanza di Dio con Israele. Quest’ultimo testo parla esplicitamente del sangue dell’alleanza (Za 9,11), facendo una allusione diretta all’alleanza sinaitica (Es 24,8). Entrambi i passi profetici mostrano anche il legame tra il futuro convito e la restaurazione di Israele. Altrove, Isaia parla di mangiare pane e bere vino nel santuario celeste: Coloro che avranno raccolto il grano lo mangeranno e canteranno inni al Signore, coloro che avranno vendemmiato berranno il vino nei cortili del mio santuario (Is 62,9). Questa celebrazione avrà luogo in nuovi cieli e nuova terra (Is 65,17). Zaccaria, invece, parla del ritorno degli esuli, ma non da Babilonia, bensì dal pozzo senz’acqua (Za 9,11), che nel testo è simbolo della morte e dell’Abisso.
La festa messianica e l’Eucaristia
In sintesi, i profeti annunciano che il Messia atteso preparerà per tutte le nazioni (e non solo per gli Israeliti) un banchetto di natura cultuale. Sarà una festa gioiosa, che celebrerà il perdono dei peccati e la vittoria sulla morte. Sarà celebrata nella nuova Terra Promessa. I profeti sottolineano le due dimensioni di questa festa: temporale ed escatologica. Da una prospettiva neotestamentaria, diventa chiaro che nella dimensione temporale è l’Eucaristia che ci fa pregustare il banchetto escatologico celeste.
trad. Anna Marx Vannini
„Isaia preannuncia l’Eucaristia?”, Rinnovamento nello Spirito Santo 9-10 (2021) 16-17.
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