La preghiera comunitaria nelle persecuzioni (Atti 4, 23-31)

 

La preghiera è un elemento di grande importanza nell’opera lucana. L’evangelista accentua l’importanza della preghiera soprattutto nei momenti della rivelazione divina[1]. Gli Atti degli Apostoli (soprattutto i sommari) ci mostrano, che la Chiesa primitiva rimaneva sempre fedele alla preghiera (cf. 1,14.24; 2,42.46.47; 4,24-31; 12,5.12; 20,36; 21,5). La preghiera occupa una parte importante nella storia della salvezza, attraverso la quale Dio guida il suo popolo. Quando la parusia del Signore indugia, Dio rafforza il suo popolo ad effettuare la missione della Chiesa. La preghiera, dunque, diventa uno strumento per influenzare il corso della storia della salvezza. Il libro degli Atti contiene circa venticinque esempi della preghiera nella Chiesa nascente[2]. Un’immagine della preghiera dipinta da Luca nella sua opera, contiene alcuni elementi che ritornano ripetutamente. L’evangelista mette in risalto la venerazione e l’adorazione (es. 8,27; 17,23; 26,7; 27,3). Secondo lui i giudei si sono allontanati dalla vera adorazione di Dio e sono caduti nell’idolatria venerando il tempio, invece di venerare Dio. Gli altri aspetti della preghiera che incontriamo durante la lettura degli Atti consistono nella supplica (es. 1,8. 24-27; 2,1-4; 9,40-42), ringraziamento (27,35; 28,15), intercessione (es.10,31; 9,13-16; 22,10) e, meno spesso, nella confessione dei peccati (es. 8,18-24; 19,18). La preghiera è qualche volta collegata con le visioni (es. 9,11; 10,2-6. 9-17; 18,9.10; 22,17-21), digiuno (es. 13,1-3; 14,23), con l’inginocchiarsi (es. 7,60; 9,40) e l’imposizione delle mani (es. 6,6; 13,3; 14,23). Questa preghiera può essere anche descritta in relazione con l’esorcismo (16,16-18).

La preghiera della comunità presentata nel nostro brano, mostra anche alcuni di questi elementi. Prima di spiegare il testo della preghiera sarebbe opportuno vedere come il brano sia stato strutturato. La struttura interna della nostra pericope sembra abbastanza chiara. Il brano intero si concentra intorno al discorso diretto, che è costituito dalle parole con le quali la comunità si rivolge a Dio. La preghiera stessa (4,24b-30) è preceduta dall’introduzione (4,23-24a) ed è seguita dalla descrizione dei suoi risultati (4,31). Possiamo dunque distinguere tre sezioni. Nella prima sezione notiamo: a) L’arrivo di Pietro e Giovanni presso „i suoi” (4,23a); b) La menzione del racconto degli apostoli, di ciò che è stato detto loro (4,23b); c) La reazione degli ascoltatori (4,24a). Nella seconda sezione distinguiamo: a) L’invocazione che sviluppa l’immagine di Dio come despo,thj, Creatore universale e colui che parla al suo popolo per mezzo dello Spirito Santo (4,24b-25a); b) La citazione del Sal 2,1-2 (4,25b-26); c) La menzione delle persecuzioni previste da Dio contro il „santo servo Gesù” (4,27-28); d) Due richieste della comunità: che il Padre volga lo sguardo alle minacce dei persecutori e conceda ai suoi servi di annunciare con parrhsi,a[3] la sua parola, mentre Egli compirà miracoli e prodigi nel nome di Gesù (4,29-30). La terza sezione contiene: a) La menzione della scossa (4,31a); b) La discesa dello Spirito Santo (4,31b); c) L’annuncio con parrhsi,a della parola di Dio (4,31c).

Tutto il brano appare coerente: il racconto di Pietro e Giovanni conduce alla preghiera, la quale poi porta i suoi frutti. La preghiera stessa è anche segnata dalla coerenza interna.

Dopo aver stabilito la struttura interna della pericope possiamo proseguire con la spiegazione del testo. Lo faremo in tre tappe seguendo gli elementi che emergono dalla struttura stabilita.

1. INTRODUZIONE (ATTI 4,23-24a)

Sembra che un’intenzione ben precisa di Luca, nell’introduzione alla preghiera, sia quella di indicare il suo carattere comunitario. Luca sottolinea questo fatto usando i termini che prendiamo in considerazione: „i suoi” in 4,23, „unanime” in 4,24, e anche i termini che si trovano fuori dell’introduzione: „i servi” in 4,29 e „tutti” in 4,31. L’uso dei ultimi due termini rafforza l’aspetto comunitario apparso nei versetti 23-24a. Il testo parla anche delle „loro minacce” che erano indirizzate contro la comunità (4,29). Anche se i vocaboli: „i servi”, „tutti” e „le minacce” non si trovano nell’introduzione alla preghiera, abbiamo deciso di prenderli in considerazione qui, perché sviluppano la stessa idea.

Pietro e Giovanni rimessi in libertà[4] si uniscono alla comunità cristiana per riferire „quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani” (v.23b). Così i credenti trovano l’appoggio l’uno nell’altro ai tempi delle persecuzioni.

Gli apostoli sono ritornati „ai suoi”. Di solito questa locuzione si riferisce alla propria famiglia o alla propria gente (cf. Atti 24,23: Giov 1,11; 13,1), ma qui si parla piuttosto della comunità dei credenti. Escludiamo la possibilità che si parli soltanto degli apostoli[5], perchè la situazione qui descritta è simile a quella in 4,32, che è un contesto diretto del nostro testo, in cui senza dubbio si tratta della comunità. Non sembra neanche possibile che l’espressione „i suoi” si riferisca a tutti i credenti[6], perché il numero dei credenti era circa cinque mila (Atti 4,4), sarebbe dunque difficile radunare tante persone in un posto solo[7]. Sembra che „i suoi” costituiscano un gruppo più numeroso che i soli apostoli, ma non racchiudono tutti i credenti.

Il fatto stesso che Pietro e Giovanni prima si erano allontanati „dai suoi” annunciando la buona novella, e che erano imprigionati, rivela la natura missionaria della comunità. Questa comunità non vive per se stessa, ma vive nel mondo e per il mondo[8]. Il suo compito è di annunciare la parola di Dio anche a prezzo delle persecuzioni.

Il termine”unanime” ricorre 11 volte nel NT, ma 10 negli Atti. Questo aggettivo descrive un’azione compiuta con unanimità, con uno scopo comune, con un accordo comune. È interessante notare, che le tre prime occorrenze negli Atti sono sempre collegate con la preghiera (1,14; 2,46; 4,24). Naturalmente si tratta sempre della preghiera comunitaria[9].

L’invocazione de,spota molto spesso è usata nei LXX (e da Luca) in una correlazione con „servo”. I membri della comunità che si rivolgono a Dio chiamandolo Δέσποτα, sono tutti i suoi servi (4,29). Come tali sono deboli e hanno bisogno dell’aiuto di Dio. Dunque anche la menzione della posizione dei credenti davanti a Dio,  che essi servono, mette in rilievo ancora una volta il carattere comunitario della preghiera.

L’idea dell’unanimità e l’aspetto comunitario è riportato ancora una volta in 4,31 mediante l’uso dell’aggettivo ἅπαντες.

Il nostro brano sottolinea l’aspetto comunitario della preghiera attraverso la menzione delle minacce. Le minacce erano indirizzate contro Pietro e Giovanni, ma gli apostoli raccontando alla comunità ciò che era loro accaduto, le condividono con gli altri. Così il lettore ha l’impressione, che le minacce siano indirizzate contro tutta la comunità. Creare questa impressione era senza dubbio un’intenzione consapevole di Luca, perché, come si nota nei capitoli successivi degli Atti, le persecuzioni sono stati intraprese contro tutti i credenti.

Nell’introduzione alla preghiera si nota dunque chiaramente l’intenzione di Luca di sottolineare la sua natura comunitaria. L’evangelista ha ottenuto questo risultato usando i termini che indicano la comunità: „i suoi”, „unanime”. Poi, questo risultato è rafforzato nel contenuto della preghiera, dove si parla delle „minacce” contro la comunità, dei „servi” e di „tutti”. Così l’intera scena presentata da Luca si svolge nel ambiente comunitario.

2. CONTENUTO DELLA PREGHIERA (ATTI 4,24b-30)

Nell’intero contenuto della preghiera comunitaria si vedono diverse suddivisioni. Come abbiamo elencato sopra, si distinguono: (A) invocazione (24b-25a), (B) citazione di Sal 2,1-2 (25b-26), (C) narrazione/esplicazione (27-28), e (D) richieste (29-30)[10]. L’invocazione presenta un’immagine di Dio con tre caratteristiche. Il Salmo 2 è interpretato messianicamente. La parte narrativa espone uno stimolo per la preghiera, cioè le persecuzioni. Le due richieste della comunità si concentrano intorno all’annuncio della parola confermata dai segni e dai prodigi da parte di Dio.

2.1. Invocazione: Immagine di Dio (24b-25a)

L’invocazione della preghiera della comunità consiste in tre elementi. Il primo è il sostantivo Δέσποτα, usato nel vocativo; gli altri due sono introdotti con l’uso enfatico del pronome personale, dopo il quale segue sempre l’articolo. Tutti e tre gli elementi dell’invocazione esprimono un’immagine di Dio a cui gli oranti rivolgono la sua preghiera.

Luca indica Dio con il termine Δέσποτα (4,24b). Questo termine ricorre nel Nuovo Testamento 10 volte, ma nel vocativo solo nelle preghiere nell’opera lucana in Lc 2,29 e Atti 4,24. La parola correlativa a Δέσποτα è, come abbiamo menzionato sopra, „servo” che si trova in Lc 2,29 e nel nostro brano nel versetto 29. L’uso di questo sostantivo nella nostra pericope indica i membri della comunità. Un’idea simile contiene la parola παῖς, che appare nel nostro brano due volte (vv. 27 e 30), ma si riferisce sempre a Gesù. A causa dell’uso del sostantivo παῖς riguardo a Gesù, diventa chiaro che la preghiera è indirizzata a Dio Padre[11].

Il termine Δέσποτα ha la connotazione di qualcuno con un grande potere e controllo della situazione[12]. I membri della comunità cristiana sono convinti, che Dio ha sotto il suo controllo la storia (della salvezza), nella quale la comunità ha il suo ruolo indispensabile.

Le due frasi seguenti (vv.24b e 25a) descrivono le azioni di Dio nella storia. Esse sono introdotte con il pronome personale e ambedue cominciano con l’articolo. La prima si trova nel versetto 24b e definisce Dio come il Creatore universale. L’espressione „che hai creato il cielo, la  terra  e  tutto  ciò  che  è  in  essi” era  una formula stabilita nelle preghiere (cf. Atti 14,15; 17,24) e frequentemente usata nel ringraziamento[13]. La frase è quasi un’esatta ripetizione del Sal 145,6 (LXX). Ci sono due caratteristiche di questo salmo che si associano agli Atti 4,23-31. Il salmo distingue fra Dio, che è la fonte di salvezza, e gli esseri umani in cui la salvezza non c’è (cf. Sal 145,3). Poi, il salmo presenta Dio come colui chi agisce a favore degli oppressi (cf. Sal 145,7-9). I riflessi di queste due caratteristiche troviamo nella preghiera della comunità: Dio guida la storia della salvezza e dà il dono della parrhsi,a ai perseguitati per l’annuncio[14].

L’invocazione „Signore” collegata col riferimento alla creazione costituisce un elemento dell’adorazione[15]. L’adorazione e la lode a Dio, senza dubbio, corrispondono a un motivo di gioia, che è caratteristico per Luca. Si può domandare  perché Luca inserisce indirettamente questo elemento di gioia nella preghiera che è tutta immersa nel clima della persecuzione? Alla luce degli Atti 5,41 si vede, che anche le sofferenze e le persecuzioni possono essere fonte di gioia per i primi cristiani: „Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù”[16].

Uno dei modi, con cui Luca afferma che Dio continua a salvare Israele, è il suo uso della Scrittura. La seconda frase dell’invocazione sottolinea l’importanza della Scrittura nella vita della comunità primitiva e mette in risalto il collegamento dello Spirito Santo con la Scrittura (25a). La Chiesa nel pensiero teologico lucano ha la sua origine nel popolo eletto dell’Antico Testamento ed è la continuazione di Israele[17]. Dopo la risurrezione di Cristo i cristiani costituiscono il vero Israele. La Scrittura, che apparteneva al popolo dell’Antico Testamento, diventa ora il libro sacro della Chiesa. Non c’è dunque niente di sorprendente nel fatto, che la comunità rivolgendosi al Padre richiama il passo del salmo. Dunque, anche se il versetto 25a è per gli esegeti una vera crux, è evidente che l’intenzione dell’autore è quella di creare un legame tra la Scrittura e lo Spirito Santo. Lo Spirito parla attraverso le Scritture e attraverso i profeti, fra i quali è annoverato anche Davide, considerato l’autore dei salmi (cf. Atti 2,30)[18]. Lo stesso Spirito, che ha ispirato Davide, ispira ora l’annuncio cristiano (cf. Atti 4,8.31). C’è dunque la continuità tra l’attività dello Spirito nell’Antico Testamento e l’attività dello stesso Spirito nei tempi della Chiesa.

Notiamo che Davide è descritto qui come „servo” di Dio, dunque con lo stesso termine, che l’evangelista applica a Gesù nel v.27 e v.30. La rarità di questa descrizione applicata a Davide fa pensare che essa venga  introdotta qui dall’evangelista per una ragione ben precisa: per creare un legame tra Davide e Gesù. Così Gesù appare nel brano come discendente di Davide[19]. Da questo fatto risulta, che il termine non aveva il significato esclusivamente cristologico[20]. Tuttavia non si può ritenere che questo significato cristologico non appare per niente nel nostro brano, perché (come notiamo nel paragrafo seguente) Luca applicando la citazione di Sal 2,1-2 a Gesù fa riferimento anche al Servo del Signore (Is 52,13).

L’invocazione della preghiera comunitaria suggerisce l’immagine di Dio come Δέσποτα, il Creatore e colui che parla attraverso la Scrittura. Egli tiene tutte le cose sotto controllo e porta avanti la storia della salvezza.

2.2. Citazione di Sal 2, 1-2 (25b-26)

Nell’opera lucana troviamo diversi modi per riferirsi all’Antico Testamento. Si tratta della Legge, dei Profeti e dei Salmi. Citando, facendo allusioni o affermando che la Scrittura si è compiuta attraverso un dato evento, l’evangelista spiega che Dio continua la sua azione salvifica[21].

Il  Salmo 2 è una delle fonti principali dell’idea del messianismo. L’evangelista riporta nel contenuto della preghiera i primi due versetti di questo salmo. La citazione è introdotta con il participio aoristo eivpw,n. Luca usa per la citazione la versione dei LXX, anche se è poco probabile, che la comunità che parlava aramaico, pregasse nella lingua greca. (In questo punto emerge la domanda più fondamentale: è Luca stesso l’autore di questa preghiera o l’ha ricevuta da un’altra fonte? Ne parleremo dopo aver spiegato il contenuto intero della preghiera).

Non c’è dubbio, che l’interpretazione del Sal 2,1-2 in Atti 4,26 è quella messianica[22]. Si tratta di una profezia compiuta negli eventi della passione di Gesù[23]. Così l’uso della citazione del salmo si inserisce nello schema: predizione – compimento[24]. Ma anche se il testo di questo salmo si interpreta indicando Gesù, esso è usato qui anche per descrivere la situazione della comunità (lo mostreremo spiegando i versetti 27-28). Così diventa evidente che Luca vede un’analogia fra le persecuzioni di Gesù e quelle della Chiesa[25]. Dunque la citazione del Sal 2,1-2 si deve interpretare a due livelli[26]. Il primo fa riferimento alla morte di Gesù: la crocifissione era una „cosa vana tramata” dagli ostili contro Gesù, che era l’Unto di Dio. Al secondo livello la citazione del salmo è un’interpretazione del imprigionamento di Pietro e di Giovanni. Il sinedrio continua la persecuzione contro Gesù rivolgendosi contro i suoi seguaci[27].

Gli avversari, che già sono stati individuati nel nostro brano a livello storico in 4,23, vengono anche indicati nella citazione del salmo in 4,25b e in 4,26. „Le genti” sono soggetto del verbo „agitare”; „i popoli”, invece, del verbo „tramare”. Entrambi verbi sono usati all’aoristo attivo. Il verbo „agitare” normalmente è usato alla voce media per indicare un nitrito dei cavalli, ma qualche volta il significato è allargato anche all’arrogante comportamento degli uomini[28]. Il verbo meleta,w significa  „preoccuparsi”, „tramare”.

Gli avversari sono stati identificati nella esplicazione di questa citazione in 4,27. In questa esplicazione alla totale identificazione con il sinedrio mancano gli scribi[29]. Questa mancanza si spiega probabilmente per un parallelismo con il testo del salmo, dove sono indicate soltanto due categorie di autorità: „i re” e „i principi” (4,26)[30]. Ci sono gli autori, che vedono nel nostro testo un parallelismo più esatto: Erode rappresenta „il re”, Pilato „i principi”, i soldati romani rappresentano „le genti”, e le tribù di Israele „il popolo”[31]. Alcuni ritengono che l’applicazione del Sal 2 a Erode e Ponzio Pilato sembra piuttosto non adeguata alla presentazione di questi due personaggi nel Vangelo, dove – secondo loro – questi personaggi non sono responsabili della morte di Gesù, anche se non sono presentati nella luce positiva[32]. Ma non sembra che questa interpretazione sia corretta, se prendiamo in considerazione l’insieme del contenuto del Vangelo. È vero che non si tratta di aperta ostilità verso Gesù (e, negli Atti, verso il Cristianesimo), ma ovviamente Erode e Ponzio Pilato sono fra i responsabili della morte di Gesù. Questo crimine fa parte del progetto divino (4,28). Generalmente Luca presenta negli Atti i romani che trattano i cristiani con giustizia, proteggendoli anche dagli intrighi degli altri[33]. Ma in Atti 4,27 si tratta dell’esempio negativo del comportamento di un rappresentante del potere romano nei confronti dei cristiani.

L’esatta citazione dei due versetti del salmo rimanda gli oranti (e anche i lettori degli Atti) al contesto più ampio del Salmo 2. Nel Sal 2,7 in LXX il termine uivo,j si riferisce al re: „Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”. Quel testo ha cominciato molto presto ad essere testimonium per la dignità messianica e la divina figliolanza di Gesù[34]. Alcuni esegeti affermano, che usando la citazione del Salmo 2 Luca probabilmente fa riferimento al battesimo di Gesù, durante il quale la voce dal cielo dichiara: „Tu sei il mio figlio” (Lc 3,22)[35]. Ma ancora più probabile sembra la possibilità, che Luca voglia indicare il brano programmatico (Lc 4,16-30 [14-44]), in cui si parla dell’unzione di Gesù (Lc 4,18a). Ci sono anche gli altri elementi che collegano i due testi; ne parleremo dopo prendendo in considerazione i testi paralleli al nostro.

Concludendo, vogliamo sottolineare, che la citazione del Sal 2,1-2 in Atti 4,25b-26 interpreta l’opposizione verso Gesù e verso i suoi seguaci, e afferma l’identità messianica dell’Unto di Dio. L’evangelista dimostra che le parole del salmo davidico e messianico trovano il suo compimento nella vita di Gesù. L’interpretazione lucana della citazione del Sal 2,1-2 appare coerente al principio generale dell’evangelista, che in Cristo si sono realizzate le promesse, le profezie, le speranze e la salvezza dell’Antico Testamento[36]. Il fatto, che la citazione interpreta l’opposizione non solo verso Gesù, ma anche verso i suoi seguaci, mette in rilievo l’idea che Dio continua a operare nella storia dei cristiani come ha agito nella vita terrena di Gesù.

2.3. Narrazione: Persecuzione (27-28)

Nel Vangelo di Luca Gesù preannunzia la persecuzione contro i suoi discepoli (21,12-19). Lo stesso trattamento, che Gesù aveva subito durante la sua missione terrena, soprattutto a Gerusalemme, i giudei dimostreranno anche verso i suoi discepoli. Loro possono salvare la loro vita con perseveranza (Lc 21,19). Questa predizione delle persecuzioni trova il suo compimento già nella vita della Chiesa primitiva.

Come vede Luca le persecuzioni nella sua opera?[37] La persecuzione in se stessa è un’azione disumana e distruttiva[38]. Per Luca invece la persecuzione, anche se nella sua natura rimane negativa, diventa però un elemento positivo della storia della salvezza, diventa un fattore integrativo per la comunità[39]. Questo si vede chiaramente nei risultati della persecuzione di Pietro e Giovanni (Atti 4,1-22): la persecuzione in questo caso conduce alla preghiera che fa scendere lo Spirito Santo e dà la parrhsi,a per annunciare la parola di Dio. Dunque la persecuzione non è un elemento casuale nella vita della comunità. Lo stesso fatto della persecuzione rivela, che la comunità di Pietro e Giovanni non era una setta chiusa in se stessa, e che l’annuncio della comunità non era un annuncio privato, indirizzato solo a quelli che facevano parte della comunità.

La preghiera della comunità è una conseguenza dell’imprigionamento di Pietro e di Giovanni (Atti 4,1-22) ed è nello stesso tempo una risposta dei cristiani alle persecuzioni[40]. Dopo la citazione del Sal 2,1-2 viene una spiegazione e un’applicazione del brano citato alla situazione presente, cioè alle persecuzioni (cf. 4,27-28). L’esplicazione è introdotta con la ripresa del verbo συνήχθησαν (4,27a). L’espressione ἐπ’ ἀληθείας è una conferma dell’intenzione della comunità di vedere negli eventi della sua vita un adempimento di questo salmo. L’espressione ἐπ’ ἀληθείας è un’espressione lucana[41], ma appare anche nella preghiera di Ezechia (Is 37,18) che consideriamo un testo parallelo al nostro. L’informazione spaziale indica Gerusalemme, la città della passione di Gesù e delle persecuzioni dei cristiani.

Sal 2,1-2 usato nella sezione precedente è ora applicato, come abbiamo già menzionato, alla situazione presente a due livelli: alla vita di Gesù e alla situazione della comunità. Anche se le persone perseguitate erano gli apostoli, l’evangelista constata, che i persecutori si radunarono insieme „contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo” (4,27). Questa espressione crea un legame con il versetto precedente. La frase subordinata: „che hai unto come Cristo” (4,27a) fa un riferimento all’espressione „contro il suo Cristo” nella citazione del salmo (v.26b). Diventa chiara l’intenzione dell’evangelista di identificare „l’Unto” del salmo con „il servo, che hai unto” (v.27a) e dare, in questa maniera, un’interpretazione messianica al salmo[42]. Alcuni autori vedono qui di nuovo un riferimento al battesimo di Gesù, perché proprio quel momento nella vita di Gesù è spesso considerato come l’unzione di Cristo da parte di Dio[43]. Ma questa unzione dev’essere vista anche alla luce del brano programmatico (Lc 4,16-30) in cui viene espressamente menzionata. Il brano programmatico vale non solo per il Vangelo, ma anche per gli Atti. Gesù applicando a se stesso le parole del profeta Isaia (61,1-2; 58,6) afferma, che egli è stato unto per portare la buona novella ai poveri e per compiere miracoli a favore dei malati e degli oppressi.

È interessante notare, che per indicare Gesù, Luca usi il termine παῖς (4,27). La stessa parola παῖς viene usata in Is 52,13 (LXX) per indicare il Servo di Dio: „Ecco, il mio servo (παῖς) avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato”.  Sembra che si può ritenere che per l’uso dello stesso termine Luca faccia qui riferimento al Servo del Signore (Is 52,13)[44]. L’identificazione di Gesù come „il tuo santo Servo” in 4,27 corrisponde a quella di Davide (4,25). Luca applica a Gesù il termine παῖς, perché Egli era il discendente di Davide[45]. Altrove nel suo insegnamento Luca presenta il Messia come promesso a Davide (cf. Atti 3,20). La menzione dell’unzione di Gesù (v.27) serve ad identificare Gesù con l’Unto (cioè il Messia) del Sal 2,1-2. Così Gesù viene presentato come il Messia e il discendente di Davide[46].

La frase „contro il suo Cristo” nella citazione del salmo si è compiuta nella persona di Gesù, che è stato unto da Dio e che durante la sua passione ha sofferto a causa dei giudei e dei romani.

La citazione del Sal 2,1-2 viene interpretata in 4,27-28 a due livelli[47]. Il primo è quello menzionato sopra: la vita di Gesù e i maltrattamenti che ha dovuto subire a Gerusalemme. Il secondo livello consiste nella vita della comunità primitiva. Le persone minacciate erano gli apostoli Pietro e Giovanni. È proprio il fatto della loro persecuzione che ha causato la preghiera della comunità. Quando, dunque l’evangelista afferma, che Erode, Ponzio Pilato, le genti e i popoli d’Israele si sono radunati contro Gesù, senza dubbio intende dire, che adesso è minacciata tutta la comunità. Questa identificazione di Gesù con i discepoli non è rara nella opera lucana[48]. Gesù e i cristiani devono subire la stessa esperienza del maltrattamento. La passione di Gesù viene così presentata nel Vangelo di Luca, che essa diventa un esempio per la sofferenza e le persecuzioni subite dai cristiani.

I soggetti delle persecuzioni sono Erode, Ponzio Pilato, le genti e i popoli d’Israele (v.27b). Questi personaggi interpretano diversi gruppi delle persone, indicati nel Sal 2,1-2. Come abbiamo già notato prima, Erode rappresenta „i re”, Pilato „i principi”, i soldati romani rappresentano „genti”, e le tribù di Israele „il popolo”.

Anche il verso 28 si deve interpretare continuamente ai due livelli sopra menzionati. La frase: ποιῆσαι ὅσα χείρ σου καὶ βουλή si riferisce prima di tutto agli eventi della passione di Gesù, che erano previsti nella storia della salvezza, allora si svolgevano sotto il controllo di Dio[49]. L’aspetto della salvezza diventa qui evidente. Anche se la parola „salvezza” non si trova nel brano, si notino gli aspetti evidentemente collegati con essa. Prima di tutto il verbo prow,risen  costituisce uno dei modi nei quali Luca parla della salvezza[50]. Lo stesso possiamo dire per quanto riguarda il sostantivo boulh,. Anche il sostantivo lo,goj (vv.29 e 31) negli Atti, qualche volta sta per la salvezza.

Ma il v. 28 dobbiamo interpretare anche al livello della vita della comunità primitiva. Le richieste degli oranti che seguono (vv. 29-30) suggeriscono una tale interpretazione. Di nuovo dunque l’autore mette in risalto l’idea, che Dio è il Signore della storia, che ha previsto sia la passione e morte del suo Figlio, sia le persecuzioni dei cristiani. Tutto è sottomesso alla sua volontà salvifica.

Concludendo di considerare questa sezione della nostra pericope si deve sottolineare, che l’autore nei vv. 27-28 riporta un’interpretazione messianica del Sal 2,1-2, e nello stesso tempo presenta il fatto delle persecuzioni a livello storico della vita di Gesù e della situazione della comunità cristiana. l’identificazione fra la sorte di Gesù e la sorte dei cristiani sembra un elemento notevole di questa sezione.

2.4. Richieste della comunità (29-30)

Ci sono due richieste, che la comunità indirizza a Dio. Ambedue le troviamo nel v. 29, ma vengono allargate nel v.30. L’introduzione alle richieste „e ora” è l’espressione tipicamente lucana e ricorre solo in Atti 5,38; (17,10); 20,32 e 27,22. Qui avviene un cambiamento dal passato (la vita di Gesù) al presente (la situazione della comunità).

La prima richiesta è espressa all’imperativo aoristo. Il vocativo „Signore” fa riferimento alla citazione del Sal 2,1-2, dove si menziona, che gli avversari si sono radunati contro il Signore (v.26b). Il sostantivo „Signore” indica naturalmente Dio Padre a cui viene rivolta la preghiera. Gli viene chiesto di volgere lo sguardo „alle loro minacce” (v.29a). Si tratta delle minacce indirizzate a Pietro e Giovanni (Atti 4, 17-18). Il pronome „loro” si riferisce grammaticalmente a Erode, Ponzio Pilato, alle genti e agli popoli, ma dal contesto si capisce che si tratta delle minacce del sinedrio. Così di nuovo emerge il motivo di identificazione fra Gesù e i suoi seguaci. A Dio non viene chiesto di far cessare le persecuzioni[51]. La richiesta invece esprime perfettamente il pensiero teologico lucano di mettere in rilievo la necessità di proclamazione della parola di Dio. A Dio non è chiesto espressamente nemmeno di proteggere la comunità che prega (anche se la richiesta seguente, quella di confermare la parola annunciata tramite i segni e miracoli può essere intesa come una richiesta implicita di proteggere la comunità). Gli viene chiesto di „volgere lo sguardo alle loro minacce”, cioè le minacce contro il suo progetto salvifico. Di nuovo la persecuzione viene presentata così come la vede Luca in tutta la sua opera: non è un confronto tra la Chiesa e il mondo. La Chiesa si trova piuttosto in una situazione di sottomissione verso il mondo, al quale deve annunciare il messaggio di salvezza.

Nella seconda richiesta (v.29b) la comunità prega, affinché essa possa annunciare con coraggio la parola di Dio. I membri della comunità sono identificati come „servi”, che corrisponde con l’uso di „Signore” nel v.24b.

Il termine „parola” indica nel Vangelo di Luca alcune parole o azioni di Gesù o del Padre; negli Atti invece generalmente indica l’annuncio cristiano. Gesù, che nel Vangelo predicava la buona novella, negli Atti diventa l’oggetto dell’annuncio. Per Luca i cristiani sono la continuazione d’Israele, dunque l’annuncio di Gesù e poi l’annuncio su Gesù fanno parte del rapporto salvifico fra Dio e il suo popolo[52]. L’espressione annunziare la parola” è un termine tecnico per indicare le predicazione missionaria della Chiesa primitiva[53]. Probabilmente Luca si riferisce qui al discorso di Pietro nel giorno della Pentecoste (Atti 2,14s.) e al discorso di Pietro nel portico di Salomone (Atti 3,12s.). Nella preghiera non c’è nessuna allusione al fatto, che l’annuncio dev’essere cambiato in qualche modo, ma solo che la comunità deve continuare ad annunciare con coraggio la parola di Dio. Finora negli Atti i discorsi parlano sempre di Dio, che ha unto Gesù, del rifiuto dell’Unto di Dio e della risurrezione di Cristo. La comunità deve continuare a proclamare tutto questo.

Gli oranti chiedono Dio, che sia loro concessa la parrhsi,a nella proclamazione della parola di Dio. L’uso di questo sostantivo viene rafforzato con l’aggettivo „servo”. Il sostantivo „franchezza” si trova 5 volte negli Atti, incluse le due volte nella nostra preghiera, sempre collegato con il coraggio, audacia nella predicazione dell’annuncio. Pietro nel suo discorso dopo la Pentecoste dimostrava la franchezza (Atti 2,29) ai suoi ascoltatori, che il discendente di Davide, Cristo, è stato risuscitato da Dio e che esistono dei testimoni di questo fatto (Atti 2,14-36). La comunità deve continuare questa proclamazione francamente e apertamente („apertura” è un’altra sfumatura della parola „franchezza”).

La seconda richiesta è allargata nel versetto 30. Anche se quel versetto grammaticalmente fa parte della seconda richiesta della comunità, è chiaro, che esso si riferisce anche alla prima. La comunità cerca una verifica del suo annuncio per mezzo della manifestazione della presenza divina. Guarigioni, miracoli e prodigi compiuti nel nome di Gesù provano, che la potenza di Dio è su coloro che annunciano la parola. Gesù stesso è visto qui come il mediatore della potenza divina (come anche prima negli Atti, in 2,38; 3,6; 4,8-10). La comunità è responsabile dell’annuncio, Dio invece si occupa di „miracoli e prodigi”[54]. Questo corrisponde perfettamente alla sezione precedente in Atti 3,12-16, quando Pietro nega di avere potenza in se stesso, ma l’attribuisce al nome di Gesù. I miracoli sono dunque la conferma dell’annuncio cristiano.

L’espressione διὰ τοῦ ὀνόματος τοῦ ἁγίου παιδός σου Ἰησοῦ (4,30b) mette in risalto l’attività di Gesù risorto. Uno dei modi in cui l’evangelista presenta, che Cristo rimane attivo nella comunità e continua a portare la salvezza a tutti, è l’uso del „nome” di Gesù risorto. Un esempio lampante troviamo negli Atti 4,12: „In nessun altro c’è salvezza, non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. L’uso del „nome”, che si nota nella opera lucana, è influenzato dalla traduzione greca dei LXX. Indica sempre la presenza di Gesù risorto[55] e sottolinea la realtà della risurrezione. È facile notare, che i contesti in cui il „nome” compare, trattano dell’annuncio della parola di Dio e menzionano i miracoli compiuti nel nome di Gesù[56].

Concludendo si può dire, che lo scopo della preghiera comunitaria dei credenti sia quello di ottenere la forza e la verifica per continuare ciò, che i membri della comunità facevano già prima. Perché la comunità  proclamava già la parola di Dio per bocca di Pietro, che era il suo rappresentante (2,14nn.; 3,12nn.; 4,9-12); Dio già rafforzava questo annuncio (4,8); c’erano anche delle guarigioni, che confermavano il messaggio (3,1-10); tanti miracoli e prodigi erano compiuti per le mani degli apostoli (2,43). La preghiera, dunque, non richiede una nuova direzione nell’attività della comunità. Quello che è necessario, è continuare ad agire allo stesso modo di prima, anche di fronte all’opposizione e alle persecuzioni. In un certo senso le richieste racchiuse nella preghiera ammettono la funzione di un sommario di ciò che era già successo nella vita della comunità e di ciò che avverrà.

L’intero contenuto della preghiera, i suoi elementi (l’invocazione, la citazione del salmo, l’esplicazione e le richieste) e il suo scopo pretendono di mettere in risalto l’attività divina nella vita della comunità. È Dio che domina tutto il brano. Luca, anche quando parla delle persecuzioni, non si concentra sulle persecuzioni stesse, ma sul piano divino della salvezza, cioè che la parola di Dio dev’essere proclamata. Il contenuto della preghiera è dunque l’interpretazione lucana della storia della salvezza guidata da Dio Padre, che rimane attivo nella vita comunitaria dei cristiani.

Il contenuto della preghiera racchiude alcune idee che sono tipiche per Luca: Dio che continua a portare la salvezza al suo popolo; un’identificazione tra Gesù e i suoi seguaci; Dio che parla attraverso la Scrittura; idea di prescienza di Dio che ha previsto le persecuzioni. Anche il vocabolario contiene le espressioni e le parole tipiche o spesso usate dall’evangelista: „con franchezza” (4,29.31), „annunziare la parola” (4,29.31), „miracoli e prodigi” (4,30), „Signore” (4,24). Se aggiungiamo anche i paralleli (ne parleremo dopo) con il passo programmatico del Vangelo (Lc 4,16-30 [14-44]) e con la Pentecoste (Atti 2,1-36), possiamo concludere che Luca è il vero autore di questa preghiera. Questa conclusione non esclude la possibilità che l’evangelista poteva ispirarsi (soprattutto nella struttura) alle altre preghiere (sia dall’Antico Testamento, sia cristiane).

3. RISULTATI DELLA PREGHIERA (ATTI 4,31)

Appena finita la preghiera si notino i suoi risultati: la discesa dello Spirito Santo 4,31b) e l’annuncio con parrhsi,a della parola di Dio (4,31c). Luca riporta anche un segno della presenza divina, cioè la scossa (4,31a).

Il fatto, che tremò il luogo dove si trovavano Pietro, Giovanni e gli altri credenti, era un segno che la preghiera è stata accolta da parte di Dio[57]. Alcuni autori vogliono vedere nel terremoto, o meglio nella scossa, un motivo, che risente dell’influsso delle religioni pagane, ed è stato usato da Luca per rispetto ai suoi lettori provenienti dal mondo ellenistico[58]. Ma più delle somiglianze con la letteratura pagana, sembrano utili i paralleli nella Bibbia stessa. Basta menzionare qui Es 19,18: „Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come un fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto”. Anche descrivendo la scena delle vocazione di Isaia si dice che „vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo” (Is 6,4). In tutti questi casi il terremoto, o la scossa, sono segni della presenza divina. Alla luce di questi testi possiamo dedurre, che anche in Atti 4,31 troviamo un segno della presenza di Dio, che risponde alla preghiera della comunità riunita. La funzione del terremoto è simile a quella del „vento” in Atti 2,2[59]. In ambedue i casi i discepoli erano riempiti dello Spirito Santo (2,2.4; 4,31).

Il verbo ἐσαλεύθη (v.31a) usato nel passivo divino dimostra, che colui che domina il brano intero è Dio stesso. I risultati della preghiera dipendono da Lui, che è „Signore”, il Creatore del cielo e della terra, del mare e di tutto ciò che è in essi (cf. 4,25b). Dio, il Signore della storia, è attivo nella vita della comunità. Questo aspetto del pensiero teologico lucano viene rafforzato, quando l’evangelista per la seconda volta usa il passivo divino nel verbo ἐπλήσθησαν (v. 4,31b).

Il primo risultato della preghiera è la venuta dello Spirito Santo (4,31b). La terminologia pneumatologica simile a quella, con la quale Luca descrive qui la situazione dei credenti, nel Vangelo viene applicata a Gesù (cf. Lc 4,1). Così l’evangelista mette in rilievo il fatto che l’attività della comunità è una continuazione dell’attività di Gesù.

La comunità riunita insieme riceve lo Spirito in pienezza. Alcuni esegeti notano, che l’espressione „essere riempito dello Spirito Santo” è in Luca – Atti strettamente collegata con discorso pronunciato con autorità[60]. La funzione più importante dello Spirito è, secondo Luca, quella di dare la forza per la missione cristiana, per l’annuncio efficace, per la proclamazione della buona novella di Gesù[61]. La venuta dello Spirito Santo è anche strettamente collegata con segni e prodigi, che accompagnavano la proclamazione degli apostoli. Questa idea di collegare lo Spirito di Dio con miracoli si nota già nell’Antico Testamento. Un caso evidente è quello dei profeti. La persona di Gesù è presentata da Luca sulla stessa linea: egli è un profeta, che compie i miracoli; è nuovo Elia accompagnato dalla potenza dello Spirito. Infatti, anche gli apostoli, che sono i continuatori della missione di Gesù, sono pieni dello Spirito Santo[62].

Il secondo risultato della preghiera della comunità è la proclamazione con parrhsi,a della parola di Dio (4,31c). Il verbo „annunziare”,w usato qui nell’imperfetto, in Luca-Atti significa „parlare” e quasi sempre viene usato per descrivere un discorso sul Cristo. Così esso assume la sfumatura di „predicare il vangelo”. Il soggetto di questa azione nel Vangelo di Luca è molto spesso Gesù; negli Atti i soggetti del „parlare” sono i suoi discepoli. Per l’uso delle stesse parole nella descrizione della predicazione di Gesù e dei suoi discepoli, l’autore sottolinea che i seguaci di Cristo continuano la missione del loro Maestro[63].

Come abbiamo notato spiegando le richieste della comunità, l’espressione „annunziare la parola” è un termine tecnico per indicare la predicazione missionaria della Chiesa primitiva. La qualità dell’annuncio della comunità è caratterizzata mediante la parola „franchezza” (4,31c). Le varie sfumature del significato di questo sostantivo abbracciano „la franchezza”, „il coraggio” o „l’audacia”.

Come i risultati della preghiera comunitaria causata dalle persecuzioni e dalle minacce, si notino la venuta dello Spirito Santo e l’annuncio della parola di Dio con „franchezza”. Allora la persecuzione, da un lato è un fattore che produce l’espansione dell’annuncio cristiano, dall’altro lato fa crescere la qualità di esso. La persecuzione spinge la Chiesa a concentrarsi sul servizio della parola, che è oggetto essenziale dell’attività missionaria della Chiesa[64].

È proprio Dio Padre, che accoglie la preghiera dei cristiani e dà loro un segno della sua presenza, che consiste nella scossa del luogo della preghiera. Così Luca mette in risalto l’attività di Dio Padre nella comunità.

 

[1] cf. Lc 3,21; 9,28-36; 22,43; Atti 9,40; 10,9-16, 30-37; 13,2; 22,17.

[2] La nascità della Chiesa era in un certo senso il risultato della preghiera. Seguendo le istruzioni di Gesù di non allontanarsi da Gerusalemme, gli apostoli rimanevano nella preghiera (1,12-14) e hanno deciso di sostituire Giuda (1,15-26). Dopo la Pentecoste (2,1-13) la comunità dei credenti era dedicata alla preghiera (2,42.47), anche nel clima delle persecuzioni (4,23-31; 7,59). La costituzione dei sette è stata fatta affinché gli apostoli potessero dedicarsi ancora di più alla preghiera (6,1-6). Pietro prega prima di risuscitare una donna a Giaffa (9,40). Anche la missione fra i samaritani si svolge nella preghiera (8,14-17). Tutta l’attività di Paolo fra i gentili è segnata dalla preghiera (9,10-15.17.18; 14,23;16,16.25; 20,36; 21,5; 22,17-21; 27,35; 28,8).

[3] Abbiamo deciso di non tradurre il sostantivo greco parrhsi,a, perchè il suo campo semantico non aderisce esattamente al significato di „franchezza”, „coraggio” o „audacia”, ma contiene le diverse sfumature semantiche di ognuno di questi sostantivi. (cf. parrhsi,a in R.POPOWSKI, Wielki słownik grecko – polski Nowego Testamentu).

[4] Alcuni autori vogliono vedere nell’atto di liberazione degli apostoli un esatto parallelo con Mosè e Gesù. Come Mosè è stato rigettato dalla presenza del faraone per essere fortificato e ritornare con una forza maggiore (Atti 7,17-44), e come Gesù è stato rifiutato dai giudei per essere intronizzato alla destra del Padre affinchè potesse confermare i suoi seguaci con lo Spirito, così anche gli apostoli sono stati rifiutati ed ora vengono rafforzati; cf. L.T.JOHNSON, The Acts of the Aposoles, Sacra Pagina 5, Collegeville 1992, 90.

[5] Così propone L.T.Johnson; cf. L.T.JOHNSON, The Acts, 83.

[6] Così vuole interpretare Brawley e Robertson; cf. R.L.BRAWLEY, Text to Text Pours Forth Speech. Voices of Scripture in Luke – Acts, ISBL, Bloomington – Indianapolis 1995, 100.

[7] C.K.Barrett scrive che si tratta della comunità „as a whole, but not necessarily the whole of it”, C.K.BARRETT, A Critical and Exegetical Commentary on the Acts of the Apostles, I, ICC, Edinburgh 1994, 243.

[8] cf. G.BETORI, Perseguitati a causa del Nome. Struttura dei racconti di persecuzione in Atti 1,12-8,4, AnBib 97, Roma 1981, 196.

[9] cf. B.WITHERINGTON, The Acts of the Apostles. A Socio – Rhetorical Commentary, Grand Rapids 1998, 201.

[10] Pesch considera questa struttura tipica per le preghiere protogiudaiche; cf. R.PESCH, Atti degli Apostoli, Commenti e studi biblici, Assisi 1992, 220.

[11] cf. F.F.BRUCE, The Acts of the Apostles. The Greek Text with Introduction and Commentary, Grand Rapids 19903, 156. Haenchen suggerise che Luca non usa nella preghiera l’invocazione ku,rioj per non confonderlo con lo stesso titolo attribuito a Gesù. Egli rafforza il suo parere con la convinzione, che anche in Is 37,16-20 (LXX), il quale sembra un testo parallelo al nostro, appare ku,rioj; cf. E.HAENCHEN, The Acts of the Apostles. A Commentary, Oxford1971, 226.

[12] cf. W.J.LARKIN, Acts, The InterVarsity Press New Testament Commentary Series, Downers Grove – Leicester 1995, 78.

[13] cf. F.F.BRUCE, The Acts,  156. L’uso di questa espressione ricorre in Gen 14,19; Es 20,11; Is 37,16.

[14] cf. R.L.BRAWLEY, Text, 101.

[15] A.A.Trites ricorrendo all’acuta osservazione di Navone nota: „The preyer of praise occurs more frequently in Lukan writings than in the rest of the New Testament together”, A.A.TRITES, „The Prayer Motif in Luke-Acts”, in Perspectives on Luke-Acts, ed. C.H.Talbert, Danville 1978, 181.

[16] cf. A.A.TRITES, „The Prayer”, 181.

[17] cf. R.PESCH, Atti, 224.

[18] cf. R.F.O’TOOLE, L’unità della Teologia di Luca. Un’analisi del Vangelo di Luca e degli Atti, Torino 1994, 20.

[19] cf. J.J.KILGALLEN, „Your Servant Jesus Whom You Anoited (Acts 4,27)”, RB 105 (1998) 186.

[20] cf. C.K.BARRETT, A Critical and Exegetical Commentary, 245.

[21] cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 19-21.

[22] cf. R.L.BRAWLEY, Luke – Acts and The Jew. Conflict, Apology, and Conciliation, SBLMS 33, Atlanta 1987, 19.

[23] cf. E.HAENCHEN, The Acts, 226-227; R.L.BRAWLEY, Text, 102.

[24] cf. M.RESE, Alttestamentiche Motive in der Christologie des Lukas, Gütersloh 1969, 94.

[25] cf. B.WITHERINGTON, The Acts, 200; R.PESCH, Atti, 223-225.

[26] Questo modo di interepretare è molto simile al metodo del „midrash-pesher” usato dai membri della comunità di Qumran.

[27] cf. C.-P.MÄRZ, Das Wort Gottes bei Lukas. Die lukanische Worttheologie als Frage an die neuere Lukasforschung, EThS 11, Leipizg 1974, 25-25.

[28] cf. Os 4,11; Zc 11,3; Ger 12,5; Ez 7,24; 24,21.

[29] Ci sono varie teorie per quanto riguarda i membri del sinedrio a Gerusalemme. Di queste teorie prevalgono tre:  il sinedrio si componeva dei capi politici con alcuni sacerdoti e aristocrati; dei capi religiosi con i sacerdoti, i farisei e gli scribi; esistevano due sinedri, l’uno politico e l’altro religioso; cf. A.J.SALDARINI, „Sanhedrin” in Harper’s Bible Dictionary, ed. P.J.Achtemeier, San Francisco 1985, 905-906. La mancanza degli scribi nel nostro testo può essere spiegata con il fatto che essi rappresentavano il punto di vista farisaico, ma la tendenza di Luca era quella di mostrare i cristiani come veri farisei; cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 13.

[30] cf. G.BETORI, Perseguitati a causa, 109-111; F.F.BRUCE, The Acts, 158.

[31] cf. B.WITHERINGTON, The Acts, 202; E.HAENCHEN, The Acts, 227; R.PESCH, Atti, 226; R.L.BRAWLEY, Text, 102; M.RESE, Alttestamentliche Motive, 94-95.

[32] cf. B.WITHERINGTON, The Acts of the Apostles…, 200.

[33] Vedi il capitolo „I cristiani vivono pacificamente nel mondo romano” in: R.F. O’TOOLE, L’unità, 149 – 155.

[34] cf. F.F.BRUCE, The Acts, 157.

[35] cf. R.L.BRAWLEY, Text, 103; F.F.BRUCE, The Acts, 157.

[36] cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 20.

[37] Rispondendo a questa domanda, Betori di nuovo ricorre alle considerazioni sulla struttura del testo. Secondo lui dalla struttura concentrica degli Atti 3,1-4,31 (che abbiamo menzionato cercando di delimitare il nostro brano) si può dedurre il ruolo che Luca atribuisce alla persecuzione: attività degli apostoli: miracolo + annuncio (3,1-26) – prigione: imprigionamento di Pietro e Giovanni  (4,1-7) – processo (4,7-14) – prigione: sentenza liberatoria (4,15-22) – attività delle comunità: preghiera + annuncio (4,23-31). La persecuzione emerge come momento centrale di tutta la vita „ad extra” della comunità; cf. G.BETORI, Perseguitati a causa, 105.

[38] G.Betori nota: „La natura profonda della persecuzione è la negazione e non la costruzione di un ordine diverso e nuovo. L’atto stesso del perseguitare, qualsiasi siano i suoi fini, è una realtà inumana, che tenta di rinchiudere l’uomo nella prigione del non fare e del non essere”; cf. G.BETORI, Perseguitati a causa, 161. Secondo questo autore la persecuzione è il frutto del potere: „il potere si manifesta come intolleranza e come chiusura alla dinamica della storia”; Ibid., 193.

[39] R.F.O’Toole così vede le persecuzioni nell’opera lucana: „La persecuzione diventa tuttavia un momento esenziale e necessario nella storia della Chiesa. Essa non raggiunge il suo obiettivo, anzi fa crescere la comunità cristiana e dunque costituisce un elemento positivo e un fattore decisivo nella diffusione della parola di Dio”; cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 80.

[40] cf. B.WITHERINGTON, The Acts, 200.

[41] Ricorre 7 volte nel Nuovo Testamento; 3 volte nel Vangelo di Luca e 2 volte negli Atti (qui e in 10,34).

[42] cf. J.J.KILGALLEN, „Your Servant”, 188-189.

[43] cf. F.F.BRUCE, The Acts, 157; W.J.Larkin, riflettendo sulla questione teologica, cerca di provare, che non c’è una contraddizione fra l’unzione di Gesù durante il suo battesimo e il fatto che Egli sempre era il Messia, cf. W.J.LARKIN, Acts, 79.

[44] Il contesto di 4,25-27 (cf. Sal 2,1-2), che parla dell’opposizione contro il Signore e contro il suo Cristo, corrisponde all’uso lucano della figura del Servo del Signore, attraverso cui l’evangelista spiega la passione di Gesù; cf. R.F.O’TOOLE, „How Does Luke Portray Jesus as Servant of YHWH”, Bib 81 (2000) 332-333. Il riferimento al Servo del Signore ricorre in Atti 3,13.26; cf. R.O’TOOLE, „Does Luke Also Portray Jesus as the Christ in Luke 4,16-30?”, Bib 76 (1995) 509.

[45] cf. R.F.O’TOOLE, „How Does Luke”, 333.

[46] cf. J.J.KILGALLEN, „Your Servant”, 188-189.

[47] cf. J.CALVIN, Acts, The Crossway Classic Commentaries, Wheaton – Nottingham 1995, 68.

[48]Basta menzionare le parole che Gesù ha detto a Saulo che perseguitava  i cristiani: „Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (Atti 9,5) o le parole indirizzate ai discepoli: „Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me” (Lc 10,16). Per quanto riguarda questa ultima affermazione, si discute sull’origine di questa frase di Gesù; ma anche se essa ha il suo principio nella Chiesa primitiva, questo ancora rafforza la tesi dell’identificazione di Gesù con i suoi seguaci (cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 190). Per quanto riguarda l’identificazione nel nostro brano, è interesante da notare che nel seguente capitolo quando Luca racconta la frode di Ananìa e Saffira, Pietro e gli altri credenti sono in un certo senso identificati con Dio; Pietro si rivolge ad Ananìa con le parole „Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio” (Atti 5,4c). Si possono notare elementi comuni nella costruzione degli Atti 4,23-31 e Atti 5,1-11:

  1. Identificazione: i discepoli con Gesù (4,27) e con Dio (5,4c);
  2. „shock therapy”: terremoto (4,31) e morte di Ananìa (5,5) e di Saffira (5,10);
  3. Il motivo di paura: la comunità non ha più paura di annunciare (4,31), ma questi che hanno saputo cosa è capitato ad Ananìa e Saffira sono intimoriti (5,11).

Queste somiglianze rafforzano la tesi, che anche nel nostro brano l’evangelista vuole mettere in risalto l’identificazione tra Gesù e i discepoli, il segno della divina presenza e l’annuncio con parrhsi,a. Su racconto di Ananìa e Saffira; cf. R.F.O’TOOLE, „You Did not Lie to Us (Human Beings) but to God’ (Acts 5,4c)”, Bib 76 (1995) 498-522, soprattutto le pagine 189-191.

[49] cf. E.HAENCHEN, The Acts, 227.

[50] Sviluppando il suo tema principale (cioè, che la salvezza viene continuamente portata ai cristiani) Luca richiama le Scritture (la legge di Mosè, i Profeti e i Salmi), indica la prescienza di Dio, la sua volontà, i suoi disegni e fini; usa i verbi nei quali traspare la continuità della storia della salvezza; afferma che Dio agisce per lo Spirito Santo, per mezzo degli angeli e attraverso le visioni; cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 15-28.

[51]Haenchen suggerisce che Luca non abbia potuto esprimere la richiesta di far cessare le persecuzioni, perché nei capitoli seguenti degli Atti le persecuzioni aumentano ancora; cf. E.HAENCHEN, The Acts, 229.

[52] Luca usa logoj in Luca – Atti 98 volte, questo significa quasi un terzo dell’uso di questa parola nel NT; cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 84-85.

[53] cf. S.F.PLYMALE, The Prayer, 85; E.HAENCHEN, The Acts, 227. lalei/n to.n lo,gon è usato anche in Atti 4,29.31; 8,25; 11,19; 13,46; 14,25; 16,6.32.

[54] cf. Atti 2,43; 5,12; 6,8; 7,36; 14,3 e 15,12. Fra i due elementi di questa espressione (presa dai LXX) non si dovrebbe vedere una notevole differenza; cf. E.HAENCHEN, The Acts, 227. „Segni e prodigi” appartengono al tema lucano della volontà salvifica di Dio; cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 68.

[55] I.H.Marshall nota: „It is the Old Testament concept of the name as representing the person himself”; cf. I.H.MARSHALL, Luke, Historian and Theologian, Downers Grove 1998, 170.

[56] cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 45-46.

[57] cf. W.H.WILLIMON, Acts, Interpretation. A Bible Commentary for Teaching and Preaching, Atlanta 1988, 50.

[58] cf. S.F.PLYMALE, The Prayer, 86; R.PESCH, Atti, 221.

[59] cf. F.F.BRUCE, The Acts, 159. Secondo Pesch questo è per Luca il motivo teofanico che prelude alla notizia sulla discesa dello Spirito Santo; cf. R.PESCH, Atti, 221-222.

[60] J.M.Penny porta alcuni esempi: „At Pentecost, this is obvious: the disciples are filled with the Spirit and immediately praise God in other languages… There are nine cases where people are described as being 'filled’ apart from initial reception. All of these are accompanied by inspired speech, such as Elizabeth and Zechariach prophesying (Lk 1.41-42,67), Peter speaking before the Jewish council (Acts 4.8), the disciples speaking the word of God with boldness (Acts 4.31), and Paul pronouncing blindness on Elymas (Acts 13.9). The term designates the immediate inspiration and charismatic quality of the speech which follows”; J.M.PENNEY, The Missionary Emphasis of Lukan Pneumatology, Sheffield 1997, 96-97.

[61] cf. C.-P.MÄRZ, Das Wort, 27.

[62] „Luke also links the Holy Spirit with miracles that are manifested in the kingdom of God beginning with the miraculous conception of Jesus in Luke 1:35 and continuing with signs and wonders throughout his Gospel and Acts”; J.B.SHELTON, Mighty in Word and Deed. The Role of the Holy Spirit in Luke – Acts, Peabody 1991, 157.

[63] cf. R.F.O’TOOLE, L’unità, 70-72.

[64] S.F.Plymale sembra di avere sintetizzato il messaggio di questa pericope in un modo molto breve, ma anche molto preciso: „The community prayer has established a pattern for the Church. When faced with opposition, believers who turn to God in prayer will be empowered by the Holy Spirit to speak the word of God with boldness and with the assurance that the accompanying signs of God’s presence will be there”; S.F.PLYMALE, The Prayer, 87-88.