Le parabole occupano un ampio spazio nei vangeli e costituiscono una delle forme più importanti nella predicazione di Gesù. Nelle parabole incontriamo i temi centrali di questa predicazione: l’appello alla conversione e il regno di Dio. Le parabole sono niente altro che similitudini ampliate. In Oriente si usava spesso il linguaggio metaforico, pieno di immagini e di similitudini. Il termine ebraico mashal, il quale corrisponde alla parola greca parabolh,, denota varie realtà: una metafora, un semplice paragone, un proverbio o anche un enigma? Dal punto di vista letterario sarebbe più giusto distinguere tra parabola e similitudine. La similitudine descrive una situazione di fatto, che si ripete nella natura o nella vita quotidiana; la parabola invece descrive un caso particolare e lo presenta in un breve racconto[1]. La pericope dell’amministratore ingiusto (Lc 16,1-9) appartiene dunque al genere letterario di parabole, non di similitudini.
Le immagini usate da Gesù nelle parabole provengono – come abbiamo notato – dalla vita quotidiana palestinese. Questo, che era ovvio per gli uditori originari di Gesù, può creare delle difficoltà nell’interpretazione odierna. Il fatto, che ai tempi di Gesù c’erano degli amministratori, è ovvio, ma la situazione descritta nella parabola è un caso particolare. Una della traduzioni della parabola, della quale ci occuperemo, è la seguente:
1 Diceva [Gesù] anche ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di aver dissipato i suoi beni. 2 Il padrone lo chiamò e gli disse: „È vero quello che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché da questo momento non potrai più amministrare”. 3 L’ amministratore disse fra sé: „Che cosa farò ora che il mio padrone mi ha tolto l’ amministrazione? Non ho forza per zappare e a chiedere l’ elemosina mi vergogno. 4 So io che farò, perché quando mi sarà tolta l’ amministrazione mi accolgano nelle loro case”. 5 Chiamò ad uno ad uno quelli che avevano debiti con il suo padrone e disse al primo: 6 „Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: „Cento barili di olio”. Gli disse: „Prendi il tuo foglio, siediti e scrivi cinquanta”. 7 Poi disse ad un altro: „E tu quanto devi?”. Quello rispose: „Cento misure di grano”. Gli disse: „Prendi il tuo foglio e scrivi ottanta”. 8 Il padrone lodò quell’ amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. Infatti i figli di questo mondo, nei loro rapporti con gli altri, sono più astuti dei figli della luce». 9 E io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza ingiusta, perché quando essa verrà a mancare vi accolgano nelle tende eterne”.
La scena dipinta da Gesù corrisponde bene alla situazione palestinese del I secolo. Il sistema del latifondo era esteso in Palestina, specialmente in Galilea. Le grandi proprietà private erano spesso in mano a stranieri[2]. Nella parabola non si tratta di semplici agricoltori o braccianti, ma piuttosto di grandi e medi imprenditori o proprietari terrieri[3]. Possiamo assumere che l’economo infedele è un moderno direttore d’azienda, non un salariato qualunque[4]. Questo viene confermato dalle cifre che egli maneggia[5]. Il proprietario viene chiamato ‘il signore’ – questo suggerisce che l’economo potrebbe essere un vecchio schiavo di quel proprietario; lo schiavo, che è stato liberato[6]. Ma si deve notare che la funzione di un tesoriere era una funzione ufficiale in una città (Rm 16,23)[7]. Non è escluso dunque il caso, che il nostro amministratore lavori come un funzionario dello stato. In questo caso l’amministratore sembrerebbe essere un uomo libero, che svolga la funzione di tesoriere. È proprio lui che ha in mano gli affari del padrone. Le denunce contro di lui sono così forti ed evidenti che il padrone ha già deciso di licenziarlo all’istante. Una volta accusato, l’amministratore sa bene, che dopo essere stato licenziato non troverà più lavoro come amministratore. Questa possibilità non viene neanche menzionata[8]. Zappare è per lui troppo pesante; così pensavano anche gli altri nel mondo antico (Aristofane, Aves, 1432). Mendicare era troppo vergognoso. Il Siracide afferla: “È meglio morire che mendicare” (Sir 40,28). Che cosa dunque può fare per trovare la soluzione in una situazione così difficile? Come trovare degli amici che lo aiutino in caso di necessità? L’amministratore decise di diminuire il debito ai debitori del suo padrone: Chiamò ad uno ad uno quelli che avevano debiti con il suo padrone e disse al primo: „Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: „Cento barili di olio”. Gli disse: „Prendi il tuo foglio, siediti e scrivi cinquanta”. Poi disse ad un altro: „E tu quanto devi?”. Quello rispose: „Cento misure di grano”. Gli disse: „Prendi il tuo foglio e scrivi ottanta” (Lc 16,5-7). Un barile contiene – secondo Giuseppe Flavio – 39 litri, allora il debito raggiunge circa 4000 litri di olio. Una misura contiene 10 barili[9]. Nel caso dell’olio la riduzione ammonta al 50 per cento, nel caso del grano – al 20 per cento. Questo modo d’agire dell’amministratore viene alla fine lodato dal padrone: Il padrone lodò quell’ amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza (Lc 16,8a).
Ed è proprio la conclusione della parabola, che ci lascia un po’ perplessi e crea delle difficoltà: la lode all’amministratore disonesto appare strana. Come mai lodare un uomo che si appropria indebitamente dei beni altrui? Come può essere lodato un uomo che si procura amici a spese del padrone?
La storia dell’esegesi conosce diverse interpretazioni della parabola. Possiamo distinguere fra di esse due gruppi: la prima può essere chiamata interpretazione tradizionale, la seconda – una nuova proposta. Ci sono anche degli autori che evitano di dar risposte riguardo la lode strana che il signore rivolge all’iniquo dipendente, occupandosi solo del messaggio principale del racconto[10].
Interpretazione tradizionale
Secondo l’interpretazione tradizionale, la lode non è rivolta al comportamento dell’amministratore disonesto al suo insieme, ma alla sua avvedutezza, scaltrezza, furbizia, astuzia o perspicacia[11]. “Egli ha capito chiaramente la situazione; ha riflettuto attentamente sui passi necessari da fare e ha agito in modo rapido e risolutivo. Non si è fatta alcuna illusione e non ha affatto esitato. Finché gli è possibile ancora fare qualcosa, si preoccupa di non restare, una volta licenziato, senza casa e senza mezzi? Questa avvedutezza viene lodata; ma non viene lodato il mezzo ingiusto che egli usa per assicurarsi il futuro”. O. da Spinetoli ammette: “È evidente che il padrone non può approvare il furto perpetrato ai suoi danni; non occorreva neanche farne parola, invece rimane sorpreso dall’abilità, accortezza del fattore per uscire così rapidamente dalla situazione incresciosa in cui si era trovato”[12]. Secondo A. Kremmer la lode non è data alla moralità del comportamento dell’amministratore, ma alla tenacia di propositi con cui egli ha agito, volendo assicurarsi una nuova esistenza[13]. Dobbiamo anche notare, che l’amministratore dovrebbe correggere la ricevuta di suo pugno. Egli invece lo fa fare – per prudenza – al debitore.
Nuova proposta
L’interpretazione tradizionale non sembra soddisfacente. Vorrei dunque proporre un’altra interpretazione: quella che tocca il tema di usura. L’amministratore era stato accusato giustamente (perciò viene chiamato “ingiusto”), ma poi aveva riflettuto e aveva deciso di riparare il suo errore, quindi aveva preso la decisione di privarsi dei propri beni. Da alcuni scritti rabbinici risulta, che in Palestina al tempo di Gesù molti amministratori non erano pagati, ma potevano compensarsi alterando l’importo del prestito sulla ricevuta[14]. Come scrive G. Vigini: “Questa parabola va collocata nel suo originario contesto palestinese, dove l’usanza è che gli amministratori possono agire per conto dei loro padroni e praticare forme di usura. La ‘disonestà’ dell’amministratore è attribuita al fatto che ha sperperato gli averi del suo padrone, non a quello che farà in seguito”[15].
In questa interpretazione il termine “ingiusto”, riferito all’amministratore, non indica l’azione di abbassamento dei debiti, ma si riferisce al suo comportamento prima della decisione del padrone di licenziarlo. La sua disonestà non consisteva dunque nella riduzione della ricevuta, ma nelle azioni precedenti che hanno causato il suo licenziamento.
L’abbassamento quindi; non può essere ingiusto, anzi – è giusto e merita la lode, perché l’amministratore priva se stesso della sua paga[16] guadagnata praticando una forma di usura. Nell’Israele biblico, l’usura non venina praticata solo sul denaro[17], ma anche sui beni materiali[18]. Nel Libro del Levitico, ad esempio, il Signore proibisce l’usura sul cibo (Lev 25,37). Un comandamento simile si trova nel Deuteronomio: Non esigerai interesse da tuo fratello: interesse per denaro, interesse per viveri, interesse per qualsiasi cosa per cui si può esigere un interesse (Deut 23,20). Ma anche se la Torah conteneva il divieto d’usura[19], molti Israeliti non lo rispettavano. Trasgressione di questo divieto viene confermato dalla Bibbia stessa: Chi aumenta la ricchezza con l’usura e l’interesse, l’ammassa per chi ha pietà dei poveri, cioè non per se stesso (Prov 28,8). Il profeta Neemia accusa gli Israeliti: Dopo aver deliberato dentro di me, contestai i notabili e i magistrati, dicendo loro: «Voi esercitate l’ usura, ciascuno verso il suo fratello?». Convocai allora una grande assemblea contro di essi (Ne 5,7). Il salmista invece loda chi osserva il divieto d’usura: Chi non dà il suo denaro ad usura e non accetta doni contro l’ innocente. Chi fa questo mai vacillerà (Sal 15,5).
Figuriamoci che il padrone nella nostra parabola aveva deciso di prestare al suo debitore 60 misure di grano e tutti e due si erano messi d’accordo che dopo due anni il debitore ne avrebbe dovute riportare 100 misure. In questo caso il padrone guadagna 40 misure: 20 per lui stesso e 20 per l’amministratore quale la paga per il suo lavoro. L’amministratore alla fine, decide di non guadagnare. Si priva delle sue 20 misure e riscuote solo il debito dovuto al padrone. In tal modo perde il grano, ma “guadagna” l’amicizia del debitore nella speranza di essere accolto a casa di egli[20]. Naturalmente dal punto di vista economico queste due diminuzioni sembrano esagerate, ma proprio l’esagerazione è una delle caratteristiche più comuni delle parabole[21].
Argomenti a vantaggio dell’interpretazione proposta
Interpretando la parabola nel suo insieme e nel suo contesto letterario potremo trovare almeno due argomenti, i quali rafforzano l’interpretazione proposta sopra. Il primo riguarda il versetto con cui Gesù conclude la parabola. Sembra che nostra interpretazione sia confermata dalle parole di Gesù: Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza; perché, quand’essa verrà a mancare; vi accolgano nelle dimore eterne (Lc 16,9)[22]. Queste parole sono parallele al detto di Gesù nel v: 4: So io cosa fare perché, quando sono stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.
Gesù dunque insegna ai suoi discepoli come guadagnare gli amici con la “ricchezza disonesta” per essere accolto a casa del Padre eterno. Non si tratta dunque solo di vecchiaia in questa terra, ma si tratta della vita eterna e della accoglienza da parte di Dio. Solo a partire dal rapporto con Dio diventa possibile un rapporto giusto con i beni terreni, il quale può assicurare l’avvenire. Chi riconosce il Signore come il suo salvatore, Lo riconosce anche come il Signore dei beni terreni ed è consapevole di non essere padrone lui stesso, ma solo amministratore.
La ricchezza è “disonesta” non perché è stata ottenuta disonestamente, ma perché per molti è diventata una trappola[23]. Qohelet avverte: Un altro brutto guaio ho visto sotto il sole: una ricchezza che il proprietario sa conservare, ma a suo danno. Quel patrimonio è andato in rovina per un cattivo affare e nelle mani del figlio che aveva generato non è restato nulla; nudo come è uscito dal ventre di sua madre, così se ne tornerà come è venuto, senza aver ricavato nulla dalle sue fatiche da portare con sé. Anche questo è un brutto guaio: come uno è venuto, così se ne va. E che vantaggio gli resta dall’aver faticato per nulla? E in più ha vissuto tutti i suoi giorni nella tenebra: si è annoiato molto, ha avuto guai e arrabbiature (Qoh 5,12-16; cf. Sir 5,1.8; 26,29 – 27,2)[24]. Perciò nel Nuovo Testamento la ricchezza spesso viene chiamata “mammona”. Quel termine con l’etimologia incerta, risale probabilmente alla lingua aramaica, dove con passare il tempo è arrivato ad indicare una divinità nella mitologia caldeo-siriaca[25].
Il secondo argomento, il quale sembra confermare l’interpretazione proposta sopra, deriva dal contesto della parabole. Uno dei principii più importanti nell’esegesi odierna è la necessità di badare il contesto letterario del testo esaminato. Si può notare, che la parabola sul figlio prodigo, la quale si trova proprio nel nostro contesto (Lc 15,11-32), poteva influire sulla comprensione della nostra parabola[26]. In che senso? Come il padre del figlio prodigo perdonò il suo figlio, nonostante ciò apparisse ingiusto secondo giudizio umano, così il cristiano dovrebbe perdonare, rimettere i debiti, prestare senza aspettare la restituzione, per essere accolti al regno dei cieli. Queste azioni, come l’agire dell’amministratore infedele, potevano essere visti come giudicate ingiuste da molti[27].
Conclusione
Abbiamo proposto due interpretazioni della pericope di un amministratore disonesto (Luca 16,1-9). L’interpretazione tradizionale sottolinea la prudenza e furbizia dell’amministratore. Secondo un’altra interpretazione l’amministratore priva se stesso dei propri beni per essere accolto a casa dei debitori del suo padrone. In questo caso l’amministratore non agisce in modo disonesto, ma rinuncia al proprio salario. L’interpretazione che tocca il tema dell’usura rimane comunque un’ipotesi, che deve essere ancora rielaborata, perché vi sono ancora, in essa i punti deboli.
SOMMARIO
In primo momento la parabola, nella quale Gesù racconta la storia di un amministratore disonesto (Luca 16,1-9) ci lascia un po’ stupiti. Sembra che Gesù lodi l’uomo, che aveva agito disonestamente. Nell’interpretazione tradizionale gli esegeti propongono la soluzione, secondo cui l’accento non viene posto sulla disonestà, ma sulla prudenza e furbizia dell’amministratore. La soluzione nuova prende in considerazione il tema dell’usura. L’amministratore priva se stesso dei propri beni.
STRESZCZENIE
Trudność przypowieści o nieuczciwym zarządcy (Łk 16,1-9) polega na tym, iż czytelnik odnosi wrażenie, iż Jezus pochwala nieuczciwość. Próby rozwiązania tej trudności winny iść w dwóch kierunkach. Po pierwsze można zatrzymać się jedynie na zasadzie analogii: jak synowie tego świata czynią wszystko (nawet nieuczciwie), by osiągnąć wyznaczony cel, tak synowie światłości winni czynić wszystko (w granicach uczciwości), aby osiągnąć królestwo Boże. Jezus pochwalałby więc nie tyle nieuczciwość, co spryt i pomysłowość w dążeniu do celu. Wierzący również winni kierować się sprytem i pomysłowością, lecz trzymać się przy tym norm moralnych. Rozwiązanie drugie odwołuje się do ekonomicznych zwyczajów Izraela czasów Jezusa. Otóż zarządca dóbr swego pana nie otrzymywał za swą pracę zapłaty pieniężnej, lecz przyjmował prowizję z pożyczanych towarów. Jeśli ktoś pożyczał pięćdziesiąt beczek oliwy, musiał oddać sto, przy czym część (lub cała) nadwyżki stanowiła zapłatę dla zarządcy. Jeśli ktoś pożyczał osiemdziesiąt korcy pszenicy, musiał oddać sto, przy czym część (lub całość) nadwyżki była zapłatą dla zarządcy. W ten sposób zarządca rezygnował ze swojej własności, aby pozyskać sobie życzliwość ludzi i znaleźć u nich pomoc, gdy zostanie zwolniony ze swej posady.
[1] A. Kremmer, Le parabole di Gesù. Come leggerle, come comprenderle, trad. P. Giombini, Brescia 1990, 12-13.
[2] J. Jeremias, Die Gleichnisse Jesu, Göttingen 1965, 72.
[3] E. Kambah, Die Parabel vom ungerechten Verwalter (Lk 16, 1ff) im Rahmen der Knechtsgleichnisse, Köln 1963, 279.
[4] J. B. Green, The Gospel of Luke, The New International Commentary on The New Testament, Grand Rapids – Cambridge 1997, 592; J. S. Kloppenberg, The Dishonoured Master (Luke 16: 1-8a), Biblica 70 (1989) 482.
[5] O. da Spinetoli, Luca. Il Vangelo dei poveri, Assisi 1986, 517.
[6] M. Wojciechowski, Przypowieści dla nas, Częstochowa 2006, 129.
[7] Parabolicamente quel termine viene usato anche per indicare i credenti nella Chiesa primitiva (1Cor 4,1-4; Gal 4,2; Tt 1,7; 1Pt 4,10). Può darsi che la parabola sull’amministratore ingiusto avesse influito sulla primitiva terminologia ecclesiale.
[8] G. Rossé, Il Vangelo di Luca. Commento esegetico e teologico, Roma 2006, 621.
[9] Ambedue parole (ba,t e ko,r) sono hapax legomenon nel Nuovo Testamento.
[10] “Si possono spiegare in diversi modi gli accordi conclusi con i debitori? Non è né possibile né utile scoprire la natura precisa di questi accordi, poiché le parabole sono delle storie idealizzate, non delle copie della realtà”; L. Sabourin, Il Vangelo di Luca. Introduzione e commento, trad. C. Giachino, P. Sabia, S. Sancio, Casale Monferrato – Roma 1989, 277.
[11] K. Stock, Gesù – la bontà di Dio. Il messaggio di Luca, Roma 1991, 133; L. Sabourin, Il Vangelo di Luca. Introduzione e commento, 277.
[12] O. da Spinetoli, Luca. Il Vangelo dei poveri, 518. Cf. anche: F. Salvoni, L’economo falsario (Lc 16,8-9), RicBiblRel 4 (1969) 210. Similmente A. Pronzato; Przypowieści Jezusa. „Każdy bowiem, kto prosi, otrzymuje; kto szuka, znajduje; a kołaczącemu zostanie otworzone”, II, trad. J. Merecki, Kraków 2004, 276.
[13] A. Kremmer, Le parabole di Gesù. Come leggerle, come comprenderle, 127. Similmente J. C. Ryle: „Postępowanie nieuczciwego zarządcy w chwili, gdy otrzymał wypowiedzenie, było niezaprzeczalnie zręczne i dyplomatyczne. Chociaż był nieuczciwy skreślając dłużnikom to, co byli winni jego panu, z pewnością zdobył w ten sposób przyjaciół”; J. C. Ryle, Rozmyślania nad Ew. Łukasza, II, trad. N. Modnicka, Włocławek 2003, 192. Cf. W. C. Kaiser Jr, P. H. Davids, F. F. Bruce., M. T. Brauch, Trudne fragmenty Biblii, trad. L. Bigaj, T. Fortuna, G. Grygiel, Warszawa 2011, 412-413; G. Rossé, Il Vangelo di Luca. Commento esegetico e teologico, 623. „Taking stock of his threatening and critical situation, the steward thus drew on his worldly wisdom and acted cleverly and resolutely in providing for his future. In the conclusion, the master commends the steward for his prudence”; E. LaVerdiere, Luke, New Testament Message 5, Collegeville 1990, 206.
[14] L. Sabourin, Il Vangelo di Luca. Introduzione e commento, 276.
[15] G. Vigini, Vangeli e Atti degli Apostoli: il Nuovo Testamento, Milano 1998, 284.
[16] A. Jankowski, Królestwo Boże w przypowieściach, Niepokalanów 1992, 155. Similmente il giudice viene chiamato “ingiusto”, “disonesto” o “iniquo” anche quando aveva già fatto la giustizia contro l’avversario di essa (cf. Lc 18,1-8).
[17] Così nel mondo greco-romano; B. F. Frier, Interest and Usury in the Greco-Roman Period, The Anchor Bible Dictionary, III, red. D.N. Freedmann, New York – London – Toronto – Sydney – Auckland 1992, 423-424.
[18] 21 febbraio 1998 nella Sala Congressi Camera di Commercio a Piacenza aveva avuto luogo il seminario intitolato “La piaga dell’usura”. Nel suo intervento “L’usura nella Bibbia e quello che ne emerge dal punto di vista della vita cristiana e dei valori cristiani” monsignor L. Monari sosteneva fortemente la tesi, che in epoca biblica l’usura riguardasse essenzialmente il cibo e le cose essenziali per la vita, per esempio grano e olio, come nella nostra parabola.
[19] La legislazione più antica del Libro dell’Esodo dice: Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso (Es 22, 24-26).
[20] „Egli non avrebbe fatto altro che portare il debito al giusto prezzo, condonando solo la somma in eccesso che egli aveva richiesto con l’intenzione d’intascarla per sé”; A. Kremmer, Le parabole di Gesù. Come leggerle, come comprenderle, 126.
[21] L. Sabourin nota: “Questa spiegazione è plausibile per il 20 % di sconto sul grano, ma non è credibile che il 50 % del debito sull’olio fosse semplicemente un supplemento”; Il Vangelo di Luca. Introduzione e commento, 277.
[22] Il v. 9 non faceva parte della parabola originale; sembra che abbiamo qui un’aggiunta secondaria.
[23] G. Rossé, Vangelo secondo Luca, Commenti spirituali del Nuovo Testamento, Roma 2007, 171-172.
[24] Diversamente L. da Spinetoli: “L’abilità dell’economo infedele era stata quella di farsi subito degli amici con le ricchezze sottratte al suo padrone, quindi “ingiuste”: l’invito di Gesù è rivolto invece a tutti i ricchi affinché si esproprino dei loro averi (“mammona”), ammassati ingiustamente, cioè sottraendoli agli altri che ne avevano pari diritto e che ne sono rimasti privi”; O. da Spinetoli, Luca. Il Vangelo dei poveri, 519.
[25] J. Roloff, Mammon, in: Das Grosse Lexikon zur Bibel. Altes und Neues Testament, red. K. Koch, E. Otto, J. Roloff, H. Schmoldt, Wien 2004, 322.
[26] In tutte le due parabole si trova la parola diasko,rpizein (“dilapidare”; cf. Lc 15,13). Quel legame potrebbe essere intenzionale.
[27] L. J. Topel, On the Injustice of the Unjust Steward, CBQ 37 (1975) 216-217.